Negli ultimi giorni è scoppiata una vera e propria polemica sull’intervento del capo dello stato Giorgio Napolitano circa la possibile concessione dello ius soli ai figli degli immigrati. Notoriamente è difficile in Italia fare un dibattito serio e laico su questioni e problemi specifici, quindi l’incauta uscita ha scatenato un vero e proprio putiferio. Il presidente della repubblica ha sollecitato le camere a cambiare la legge sulla cittadinanza soprattutto per i figli (nati in Italia) di immigrati. Napolitano ha usato parole insolitamente forti, definendo folle l’attuale normativa.
Ferma restando la probabile inopportunità politica di una simile esternazione – che sembra potersi intendere come un ulteriore ostacolo al già difficile compito del “governo” Monti – rimangono dubbi sia sul ruolo che il capo dello stato sta assumendo in questa crisi sia sul merito di un simile provvedimento.
E’ assai probabile che Napolitano stia svolgendo un ruolo di “supplenza/supporto” ad un governo – forte in termini parlamentari – ma debole sotto il profilo della legittimazione democratica. Un governo che alcuni hanno definito “fantoccio”, essendo il frutto non certo di un mandato elettorale ma di un accordo parlamentare tra quasi tutte le forze politiche. Un Parlamento già chiaramente delegittimato visto l’assurdo meccanismo elettorale che trasforma il nostro massimo organo rappresentativo in una assemblea di beneficiati. In effetti le nostre camere assomigliano più a delle diete medievali che a delle moderne assemblee rappresentative, dato che vi convergono elementi che sono lì soltanto sulla base di un vincolo di fedeltà o vicinanza al capo partito (o ancor meglio capo corrente).
Ebbene, quando un governo è debole il capo dello stato è forte e viceversa. Questo è ciò che sta accadendo nel frangente attuale. Ma, entrando nel merito della proposta presidenziale, sarebbe giusto o no concedere la cittadinanza ai nati in Italia da cittadini stranieri?
Le più importanti esperienze europee (e non) ci fanno sospettare come in Italia ci si stia occupando di cose già sorpassate dai tempi. Sembra un dibattito di almeno 10 anni fa, visto che i vari Angela Merkel, Nicolas Sarkozy, David Cameron si sono più volte espressi circa il fallimento del cosiddetto “modello multiculturale”. In tutto questo noi ancora ci domandiamo se sia giusto regalare la cittadinanza a chiunque, solo per il fatto di essere nato in Italia.
Che cosa dice la legge italiana? Sono diversi i modi attraverso i quali si può acquisire la cittadinanza.
Ius sanguinis o diritto di sangue : la cittadinanza italiana viene concessa a chi nasce da genitori italiani, a chi non segue la cittadinanza degli Stati di provenienza dei genitori o a chi è stato trovato o è nato nel nostro territorio da genitori ignoti o apolidi, cioè privi di cittadinanza. ( Legge 91 del 1992 ).
Ius soli o diritto di territorio : è un’eccezione della Legge 91, che prevede la concessione della cittadinanza all’ immigrato che almeno da 10 anni risiede legalmente nel nostro Paese, all’ immigrato che all’ estero ha lavorato per lo Stato Italiano almeno per 5 anni, all’ immigrato che ha uno dei genitori, o un ascendente di secondo grado, cittadino italiano che risieda nel nostro Paese da almeno 3 anni, ad un cittadino di un altro Stato dell’ Ue, dopo almeno 4 anni di residenza legale nel nostro territorio, all’ immigrato maggiorenne adottato da cittadini italiani dopo 5 anni dall’ adozione, al cittadino rifugiato o apolide che risieda legalmente in Italia almeno da 5 anni. La cittadinanza italiana è concessa ai cittadini stranieri nati in Italia che vi abbiano risieduto senza interruzione fino ai diciotto anni e che dichiarino di volerla acquisire.
Acquisizione tramite matrimonio : solo dopo almeno 2 anni di residenza in Italia dal momento del matrimonio con un cittadino italiano, una persona straniera potrà acquisire la sua cittadinanza. In questo caso due possono essere le eccezioni, se entrambi i coniugi risiedono all’ estero bisogna aspettare 3 anni dalla data della celebrazione del matrimonio mentre invece se ci sono figli legittimi o adottati, i termini di attesa vengono dimezzati.
Cosa dicono le altre leggi europee? Contrariamente a ciò che sostiene la cosiddetta stampa “seria” non è affatto vero che tutti i Paesi europei concedano lo ius soli. Anzi, è vero il contrario perchè il principio più seguito è quello dello ius sanguinis. Grecia, AustriA e Danimarca seguono una linea simile a quella italiana anche se non è semplicissimo acquisire la cittadinanza per chi è nato in quei Paesi da genitori stranieri.
In Belgio, Spagna, Irlanda e Portogallo vale sempre il diritto di sangue.
Anche in Germania vige il diritto di sangue ma a differenza dell’ Italia, per concedere a un figlio la cittadinanza basta che uno dei genitori del minore nato in territorio tedesco, vi risieda legalmente da almeno 8 anni.
In Francia c’è addirittura una sorta di doppio diritto di sangue che permette ad uno straniero di ottenere la cittadinanza se è nato in territorio francese da genitori stranieri nati a loro volta lì (in particolare per quanto riguarda l’acquisizione per nascita, è francese il figlio, legittimo o naturale, nato in Francia quando almeno uno dei due genitori vi sia nato, qualunque sia la sua cittadinanza, inoltre ogni bambino nato in Francia da genitori stranieri acquisisce automaticamente la cittadinanza francese al momento della maggiore età se, a quella data, ha la propria residenza in Francia o vi ha avuto la propria residenza abituale durante un periodo, continuo o discontinuo, di almeno 5 anni, dall’età di 11 anni in poi).
E’ evidente, quindi, come l’obiettivo sia quello di emanare una legge che non ha alcun precedente in Europa e che ha come unico punto in comune la legislazione statunitense.
A mio parere la legge attuale è sufficientemente equilibrata perchè contempera da un lato l’esigenza che persone realmente interessate a far parte della nostra comunità nazionale non debbano fronteggiare incredibili ostacoli, dall’altro la necessità che costoro facciano proprio il modello di valori che caratterizzano la nostra convivenza civile. E’ anche una norma liberale, perchè non impone a nessuno – senza il proprio consenso – una cittadinanza (quella italiana) che non è detto sia interessato ad acquisire. Ritengo cioè che la cittadinanza debba essere il punto di arrivo di un percorso di integrazione e non il contrario. Alcuni costruttivisti come Napolitano (ma purtroppo se ne trovano in tutti gli schieramenti politici) ritengono che la concessione della cittadinanza a tutti, sic et simpliciter, sia un elemento capace di favorire l’integrazione. Ma questo modello ha dimostrato di non funzionare in molte realtà che noi solitamente consideriamo come esempio. Le rivolte scoppiate in Inghilterra non più di 3 mesi fa erano fatte da cittadini britannici in gran parte figli di immigrati così come quelli che misero le bombe nelle stazioni londinesi.In Germania ci sono interi ghetti popolati da cittadini tedeschi di origine turca. Lo stesso potrebbe naturalmente dirsi per gli Stati Uniti. Così come diversi combattenti al-qaedisti in Afghanistan erano americani o britannici. Le banlieue francesi pullulano di cittadini francesi di origine africana (quelli che Sarkozy, con la sua consueta finezza, definiva “feccia”). E così via. La concessione della cittadinanza a tutti non risolve un bel nulla e sicuramente non il delicato problema della integrazione di immigrati provenienti da realtà estremamente diverse dalla nostra.
Senza contare che in Italia abbiamo un senso della comunità nazionale piuttosto lato, al contrario di ciò che accade nei Paesi citati sopra. Se a quelle latitudini hanno avuto grossi problemi ad integrare i propri immigrati, giungendo a definire fallito l’esperimento di una società “multiculturale” non oso pensare cosa potrebbe accadere da noi.
In realtà il problema sta a monte. Cosa vogliamo fare del nostro Paese? Che progetto abbiamo per i prossimi 25 anni? E’ vero che nel lungo periodo saremo tutti morti – come diceva qualcuno – ma potremmo almeno pensare all’Italia che intendiamo lasciare ai nostri figli (quelli che purtroppo non facciamo più).
Pur essendo un euroscettico, direi che il problema riguarda non solo noi ma tutti i Paesi europei soprattutto quelli che presentano un disastroso tasso di natalità. Il problema dell’immigrazione si connette pericolosamente con quello della tutela della identità dei popoli, delle loro tradizioni, della loro civiltà e delle loro istituzioni democratiche.